Il
film “La ragazza del mondo” di Marco Danieli, presentato al 73esima Mostra del
Cinema di Venezia, nella sezione Giornate degli Autori, si prefigge, come il
regista riferisce ad una giornalista del Messaggero: “… non di essere una
denuncia né un’inchiesta…” sui testimoni di Geova, ma di: “…raccontare nel modo
più obiettivo (?) e documentato (?) possibile una realtà sconosciuta…”.
Che la
trama del lungometraggio sia una “realtà sconosciuta” non mi pare affatto,
anche perché essa si basa sulla parodia del peccato originale, una totale
somiglianza con quella libertà (ossessivamente evocata dagli autori) desiderata
e concessa dal Padreterno ai nostri primogenitori Adamo ed Eva, come risultato
del loro peccato. Come allora la “mela” venne mangiata, anche oggi il “peccato”
viene ancora consumato. Come allora ci fu una condanna e un’espulsione
dall’Eden (non era un cinema), anche oggi se ne pagano le conseguenze, e i tdG
espellono quei fedeli impenitenti.
Nulla di nuovo sotto il cielo, nulla di
nuovo sic et simpliciter in quella
“libertà” riproposta dal regista Danieli. Sul film “La ragazza del mondo” sul
cui valore, non avendolo visto, non intendo pronunciarmi, ma essendomi
documentato molto e avendo visto brevi trailer, posso già premettere una conclusione,
quella della “poco obiettività” e di una “superficiale e latente documentazione”.
Salvo qualche riserva di carattere puramente formale, ho trovato da eccepire su
importanti passaggi, interni all’amministrazione dei tdG, questi certamente non
riconducibili al personale desiderio di “libertà” di Sara; nessuna giustificazione
in merito alla scelta della presunta “libertà” può essere addotta alla
estromissione dalla congregazione dei tdG, per Sara, che a suo modo ne rispetta
anche i valori.
Un atto dovuto della congregazione dei tdG quindi, come fu un
atto dovuto del Padreterno nei confronti di Adamo ed Eva. Ma rimane impossibile
per ora, valutare integralmente il “danno” che il film produrrà ai tdG,
soprattutto perchè quest’argomento (poco seriamente documentato dal regista) si
presta, e si sta prestando a dure critiche verso la fede dei tdG (come sta
avvenendo sul web da mesi) e anche perché basta che un gruppo di sacerdoti, o
una qualsiasi associazione cattolica di beghine e ipocondriaci levino la voce
contro una delle fondamentali dottrine dei tdG per compiere qualsiasi tipo
arbitrio nei loro confronti.
Che poi alcune delle particolarissime regole e
regolette “interne all’amministrazione dei tdG” (più di concezione umana che
divina) debbano essere corrette e del tutto emendate dai vertici, come dovrebbe
essere per quei “tritacarne” dei Comitati Giudiziari (CG si distinguono in 1° e
2° grado e, a volte, anche di 3°) non confortati né suffragati nell’esistenza
da nessun precetto biblico (evangelico); o come l’ostracismo riservato ai
peccatori (si noti che Geova dialogò, si interessò e aiutò i peccatori Adamo ed
Eva, i quali, benché puniti al massimo grado, non vennero per nulla ostracizzati),
o per altri aspetti inerenti il “giudizio e la sentenza” troppo spesso non scevro
da imparzialità, ma sovente rilegato ad atteggiamenti non cristiani, viziati dal
protagonismo e dalla rivalità da parte di anziani implicati nei CG, sono questioni
che noi tdG attivi, stiamo proponendo da tempo nelle discussioni su questo
blog.
Se il film vuole in qualche modo superare questa sgradevole impressione
data dai CG interni ai tdG, e vuole aprire un approfondimento e una discussione
oggettiva, non possiamo che accettare la proposta, respingendo al mittente
qualunque sospetto di strumentalizzazione apostata. Nel film si accenna al quel
“poco di vero” che avviene in un CG, tralasciando e non approfondendo la
drammaticità del giudizio per il peccatore reo del giudizio inquisitorio. Si
badi bene, non è soltanto un aspetto di “cambiamento” che sdegna e ripugna
l’onesto fedele credente tdG.
È una questione molto più ampia e più alta di
costume di vita, di dignità della persona, di onestà cristiana, di rispetto
della Parola di Geova, in una Ecclesia che da alcuni decenni si sta avviando attraverso
fasi di una “strana opera” secolarizzatrice, dove i credenti sono chiamati
sempre più a non impicciarsi dei fatti terreni dell’organizzazione (non
conosciamo nulla dell’apparato ammistrativo-burocratico) ma esclusivamente a
conformarsi a circolari e a disposizioni interne di dubbia provenienza, che non
all’aurea massima: la Sacra Bibbia. Il “popolo di Geova” oggi è sottomesso e
leale alla wts, ma patisce (soprattutto patisce), ubbidendo con rassegnazione
passiva alle moltissime circolari e disposizioni scritte (ks10) e verbali (comunicazioni
personali dei co), che sono divenute più importanti e di gran lunga superiori ai
precetti biblici. Ecco perché poi viene fuori film come “La ragazza del mondo”.
Però, se da questo film nasce motivo a uno spunto per un dibattito interno ai
tdG, fatto di approfondimenti e poi di modifiche, sperando che le “cose”
cambino, ben venga sugli schermi la storia di Sara e Libero, una moderna
parodia del “peccato originale” consumato da Adamo ed Eva. Io, sono qui per un
miglioramento (dato che non si ha voce all’interno dove è pericoloso aprire la
bocca), come lo sono altrettanti tdG fedeli, ma la vedo durissima e se qualcuno
nutre illusioni positive in tema di cambiamenti… ritengo rimarrà, come me,
deluso.
Nel frattempo di reale rimane un film da vedere, dove l’accoratezza della
trama ripropone una utopistica “libertà”, tra l’altro fortemente ostracizzata, una
nota questa che appesantisce drammaticamente la fragilità umana di Sara, che la
allontana da Dio (?) e che sostituisce la risata e il sorriso, al grande dramma
vissuto, dramma che, forse, proprio per queste caratteristiche trova una
schietta genuinità e originalità nel quadro cinematografico, per i tdG.
Sas@
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