DE LAPSIS
Lapsi in latino significa “caduti”
(dalla stessa radice viene il più famoso “lapsus” ).
Nella
storia del cristianesimo i Lapsi
furono una folta categoria di cristiani che avevano abiurato la fede cedendo
alle persecuzioni degli imperatori Decio, Valeriano e Diocleziano nel III
secolo E.V. Caddero per paura di morire, per la loro debole fede, non per una reale
volontà di abbandono del cristianesimo. Una volta però passata la tempesta, e
avuta salva la pelle, questi volevano rientrare nelle comunità che avevano
tradito. La questione generò feroci lotte interne alla Chiesa e veri e propri
scismi fra giustistialisti e perdonisti e, in quel tardo III secolo, la
motivazione più forte per la ‘non
riammissione’ riguardava la salvaguardia dell’identità della chiesa e la preservazione della sua purezza più che il giudizio definitivo
del singolo peccatore, lasciato sempre a Dio. Nel II secolo la situazione degli
scomunicati era ancora più drastica perché era irreversibile fino alla morte,
in particolare per i tre peccati maggiori, l’idolatria, l’adulterio e l’omicidio,
qualsiasi fosse la penitenza o gogna che il peccatore potesse portare a sua
espiazione. Qualcuno rimarrà sorpreso che una volta morti gli apostoli non si passò poi, come si immagina, a feste e bagordi con facile licenza di
peccare “alla cattolica” di oggi. Tutt’altro invece. E’ utile conoscere la storia di quei primi secoli
perché ci può insegnare varie cose:1) le divergenze sulle misure da applicare
per le espulsioni rivelano che nella Scrittura non era esplicitata una normativa
chiaramente definita [come per le nomine]. 2) l’obbiettivo della misura
punitiva era più per “salvare” l’identità della congregazione che il singolo
peccatore. 3) i cambiamenti di queste misure dipendevano più che altro dalla
convenienza di una maggiore o minore severità nel momento storico contingente
per raggiungere l’obbiettivo al punto 2.
Fu
in quel periodo che il vescovo di Cartagine Cipriano scrive il De Lapsis per indicare le condizioni e
il percorso penitenziale necessario per trattare quei caduti. Qualcosa del
genere succede con la nostra gestione della congregazione mentre il nostro
Corpo Direttivo ci da istruzioni per gestire i peccati e i peccatori ma, va detto,
con l’obbiettivo di salvare soprattutto i caratteri distintivi della
congregazione e la sua integrità.
COSA DICONO LE SCRITTURE?
A
dire il vero non dicono molto sull’argomento espulsioni. Diverse scritture consigliano
di evitare l’amicizia di persone dalla condotta carnale, anche dentro la
congregazione, ma in questo articolo prendo in esame le uniche tre scritture di
tutto il NT che indicano delle precise azioni giudiziarie verso gravi peccati: Matteo
18:15-17, 1 Corinti cap. 5 e Tito 3:10.
Cercherò
di esporre e argomentare ciò che, dopo attenta ricerca e riflessione, comprendo
da queste scritture su 1) a chi è assegnato il compito di giudicare, 2) per
quali peccati si debba arrivare alla disassociazione, 3) che comportamento va
tenuto nei confronti dei disassociati .
Chi deve giudicare?
Come
avevo già anticipato nel mio post sulle nomine http://proclamatoreconsapevole.blogspot.it/2013/11/anziani-nomina-e-conferma-unaltra.html
la struttura organizzativa della
Congregazione Cristiana si rifà al modello del giudaismo sinagogale e questo
deve essere tenuto in conto anche per la pratica delle espulsioni. E’ vero che
i processi erano pubblici, alle porte della città, ma anche se chiunque poteva
presenziare non chiunque poteva
partecipare al giudizio. Questo era emesso solo dai capi/anziani della
città e, posteriormente, della Sinagoga.
Giudicare una persona è la cosa
più gravosa del compito degli anziani e nel contempo la più pericolosa. Nel
Salmo 82 i giudici costituiti per giudicare il popolo sono chiamati dei
(Elohim) proprio perché il compito di giudicare è quello divino per
eccellenza (Gv 10:34). La stessa parola Elohim
ha come significato primario di giudice. Per questo nelle Scritture troviamo
molti avvertimenti verso chi deve giudicare in modo da farlo con giustizia e
diritto.
Che le trasgressioni debbano essere
giudicate dagli anziani è praticamente implicito nel contesto biblico, e
neppure tutti gli anziani ma i più qualificati fra loro. Oggi, con la maggiore
importanza che si da alla privacy e alla dignità personale, che dipende anche
dalle convenzioni sociali, è improponibile che i peccati gravi di qualcuno
siano trattati in adunanza generale. Oggi neppure i consigli alla Smt si danno
pubblicamente bensì in privato, figuriamoci se si possa mettere in piazza un
peccato noto solo a qualcuno e trattare tutte le questioni spesso delicate e
complesse che stanno dietro una trasgressione. Ma, come si diceva in un altro
post, non dice Gesù in Matteo 18 di parlare “alla congregazione” dopo aver
provato a ristabilire privatamente il peccatore?
In Matteo 18:15-17 Gesù parla dei gravi torti che uno può ricevere da
un altro e indica come trattarli invece di vendicarsi, non si riferisce ai
peccati in generale contro le norme bibliche. La nostra Bibbia segue l’antico
testo di Wescott e Hort ma il più aggiornato e usato dalle bibbie attuali, il
Nestle-Aland, rende il v.15 “Se il tuo fratello ha
peccato [contro di te]”, come appare in vari manoscritti antichi come il
Beza, ma anche perché il contesto è proprio quello dei torti personali.
Lo conferma la fine del procedimento indicato al v.17 “Se egli non
ascolta neanche la congregazione, ti
sia proprio come un uomo delle nazioni”. Il contesto prosegue poco dopo con la
domanda di Pietro “ma quante volte devo perdonare chi pecca contro di me?” e Gesù fornisce la
risposta con la parabola dei due schiavi che avevano dei debiti in denaro.
In Luca 17 troviamo un
insegnamento simile a Matteo 18 e lì leggiamo:
(Luca
17:3, 4) Prestate
attenzione a voi stessi. Se il tuo fratello commette un peccato rimproveralo, e se si pente perdonalo. Anche se pecca contro di te sette volte
al giorno e sette volte torna da te, dicendo: ‘Mi pento’, lo devi perdonare”.
Al v. 3 non si dice “contro di te”
ma è implicito e va inteso così dal contesto. Lo stesso possiamo dirlo per
Matteo 18 per le ragioni sopra esposte.
Quando Gesù pronuncia queste
parole la congregazione cristiana non era stata ancora costituita. I suoi
ascoltatori però potevano comunque capire che stava dicendo di rivolgersi all’organo
costituito per giudicare, che si può chiamare assemblea/congregazione/sinagoga
in quanto lo rappresenta e ne è rappresentato , ma non si ha nella Bibbia una sola
causa giudicata dalla votazione di tutta una comunità dopo un dibattito
pubblico.
A queste ragioni vanno aggiunte
queste altre due scritturali:1) l’istruzione di Paolo a Tito, un anziano, di
rigettare chi promuove una setta dopo averlo ammonito,Tito 3:10, e 2) ciò che
Paolo dice in 1 Timoteo 1:20 dove l’apostolo attribuisce a sé la probabile espulsione
(“consegnati a Satana” come in 1 Co 5:5) di Imeneo e Alessandro chiamandola “disciplina”.
Naturalmente a ogni cristiano
maturo e spirituale, che sia nominato o no, è data facoltà e responsabilità di
consigliare e riprendere chi sbaglia allo scopo di ristabilirlo (Gal. 6:1). Ma
qui stiamo parlando dell’azione disciplinare di espellere un peccatore dalla
congregazione, azione che come abbiamo visto è sicuramente scritturale, e che
oggi è compiuta da anziani riuniti in Comitato Giudiziario in armonia, io
credo, con le Scritture esaminate finora. Non vedo obiezioni a che nella
riunione con il CG assista chiunque il peccatore gradisca, purché membro
battezzato della congregazione.
Ora però arrivo a parlare di
questi Comitati Giudiziari. Il fratello Morris ha parlato di un anziano che,
tornando la sera tardi da qualche CG a qualche giovane della congregazione, si
inginocchiava al letto dei sui figli che già dormivano per pregare per loro in
modo che mai avessero dovuto trovarsi davanti a un CG. Pur comprendendo le
ragioni e i sentimenti espressi in queste parole, esse rivelano anche che i
nostri CG sono delle esperienze quasi tragiche, drammatiche, che possono
segnare a vita come una brutta cicatrice sul volto, qualcosa che al solo
nominarli si gela quasi il sangue…Io invece, ascoltando Morris, ho pensato
subito al Davide biblico il quale, se avesse fatto oggi quello che fece allora,
ne avrebbe avuti diversi di nostri CG. Dico che preferirei mille volte essere
come lui e i suoi CG sulla schiena che uno dal pedigree intonso ma che non ha
mai sperimentato il grande perdono di Geova e che forse, proprio per questo, “ama
poco perché gli è stato perdonato poco” (Luca 7:47).
Vista comunque la necessità di
avere dei Comitati Giudiziari per le espulsioni necessarie, la questione adesso
è in che casi e circostanze questi debbano essere costituiti, e passo quindi al punto successivo.
“Bisogna
fare un Comitato Giudiziario”
Le istruzioni attuali indicano di
costituire un CG per una serie di peccati gravi. Ogni qualvolta un cristiano
battezzato si rende colpevole di determinate trasgressioni scritturali si deve
fare un CG. Alcune di queste trasgressioni, per compierle, non è sufficiente un
singolo atto peccaminoso, per altre invece è sufficiente un singolo evento (es.
omicidio, fornicazione). Data la difficoltà, come già detto, di dover giudicare
persone e situazioni a volte tutt’altro che semplici è ovvio che gli anziani
ricevano istruzioni e addestramento in merito tenendo conto i principi biblici
e le scarne scritture specifiche. A questo punto cerco di cogliere la massima luce
possibile da 1 Corinti 5 e Tito 3:10.
(1 Corinti 5:1,
2) In
effetti, si riferisce che fra voi c’è fornicazione, e fornicazione tale che non
esiste neanche fra le nazioni, che un certo [uomo] ha la moglie del [proprio]
padre. 2 E siete voi gonfi, e non avete piuttosto fatto
cordoglio, affinché l’uomo che ha commesso tale azione fosse tolto di mezzo a
voi?
Questo
è il fatto che istituisce il nostro Comitato Giudiziario. Com’è evidente non si
tratta di una ‘semplice fornicazione’, ma di una situazione continuata nel
tempo e nota a tutti per un peccato fra i più gravi. La relazione incestuosa infatti era uno dei 12 peccati per i quali
tutta la nazione d’Israele dovette pubblicamente maledire chi lo compiva, con
un “Amen” finale, appena entrati nella Terra Promessa (Deut. 27:20). Paolo
stesso dice che era talmente grave che neppure fra le nazioni esisteva, perché
l’incesto era proibito infatti anche dal diritto romano vigente. Davanti a una
tale devianza morale, e all’inaccettabile tolleranza da parte della congregazione,
Paolo comanda di espellerlo e allarga la lista di comportamenti per i quali
bisogna compiere una simile azione disciplinare dicendo al v.11 “Ma ora vi scrivo di
cessar di mischiarvi in compagnia di qualcuno chiamato fratello che è
fornicatore o avido o idolatra o oltraggiatore o ubriacone o rapace, non
mangiando nemmeno con un tal uomo […]13 rimuovete
l’uomo malvagio di fra voi”. La notorietà del caso e il biasimo che ne
derivava alla congregazione indusse Paolo a parlarne a tutta la congregazione e
chiedere che si attuasse la sua decisione e si troncassero i rapporti sociali
con il trasgressore. Da questo episodio si comprende che l’espulsione deve
avvenire per comportamenti molto gravi, perpetuati nel tempo che rivelano
disprezzo o indifferenza per le norme morali di Dio.
(Tito 3:10, 11) In quanto all’uomo che promuove una setta,
rigettalo dopo una prima e una seconda ammonizione, sapendo che tale uomo è
stato pervertito e pecca, essendo condannato da se stesso.
Anche
in questo caso la decisione di “rigettare” un uomo che promuoveva una setta -stiamo
parlando di una forma apostasia- andava fatta dopo averlo ammonito “una prima e
una seconda volta”. In parole odierne il CG sarebbe da fare non alla prima, né
alla seconda volta che lo fa ma ancora dopo, se la persona non si corregge con
le ammonizioni ricevute.
Cosa
comprendo da queste scritture?
Che
per nessun tipo di peccato, per quanto grave sia, si debba istituire automaticamente
un CG al primo atto peccaminoso compiuto, neppure per omicidio. Può capitare
qualche caso straordinario e di pubblico scandalo come quello ai corinti dove
può essere necessario un intervento ad hoc da parte di rappresentanti nazionali
della congregazione e attuare una procedura speciale,ma qui sto parlando di
procedure ordinarie. Ebbene, io non trovo nessuna scrittura che contempla o
suggerisca un’espulsione per un singolo evento trasgressivo per quanto grave
sia. Mi piacerebbe che si facesse quello che già si fa per alcuni
comportamenti da CG solo se diventano
una pratica continua. Non capisco perché non si possa fare lo stesso per tutta
la lista, lo trovo più in linea con lo spirito del cristianesimo. Si dirà “ma
anche se si forma il CG non è mica detto che si disassocia, lo scopo principale
del CG è di indurre al pentimento e recuperare il trasgressore”. Sì grazie, ma
anche se non si disassocia il solo fatto che sia “scattato” il CG comporta
sempre e automaticamente degli effetti molto pesanti per il trasgressore:
comparire davanti a un comitato con facoltà di disassociarlo (anche per un
singolo atto peccaminoso), se poi il comitato è composto da anziani tutt’altro
che competenti o bigotti ecc. quella facoltà diventa agghiacciante; vanno poi applicate
sempre delle restrizioni giudiziarie
(rimozione automatica in caso di qualche nomina, perdita di privilegi anche
minimi come commentare o la Scuola di M. T.); impossibilità di riacquistare o
avere una nomina come pioniere ausiliario per almeno un anno, regolare per tre
anni, idem per altre nomine..e questo anche se il CG non disassocia, per il
solo fatto che è “scattato” il CG! Ci credo che uno ci pensa 10 volte prima di
confessare una caduta momentanea e che poi nascano addirittura le doppie vite. Ci
credo che Morris prega che i suoi figli non abbiano mai a stare davanti a un
CG! Quando poi bisogna impartire le restrizioni giudiziarie a una sorella che
non ha nomine speciali che cosa le togli? Non rimane che il commento e la scuola.
Ad alcune ci fai un favore, altro che penitenza!, ad altre invece le togli l’ossigeno,
le togli l’unico modo per recuperare il loro rapporto con Geova che si è
incrinato. Questo perché le persone sono diverse e vanno trattate caso
per caso mentre queste sono istruzioni standardizzate per tutti e questo
a me non fa pensare a Gesù, Lui non omologava.
Se
invece un singolo atto peccaminoso, anche serio, viene trattato inizialmente da
due anziani, come già avviene per diversi casi, e la persona viene visitata a
casa sua e seguita in modo discreto da chi le tende una mano calda con la
fermezza di un padre ma che non ha già giudicato, che crede nel suo
ristabilimento, il peccatore potrà sentire il pastore che gli fascia l’osso
spezzato senza il terrore della possibilità di essere “consegnato a Satana”.
Potrebbe essere opportuno per un po’ che non svolga qualche ruolo speciale in
congregazione, forse anche qualche mese di “ritiro” per riprendersi,
probabilmente la sua stessa coscienza glie lo farà chiedere, ma è tutta un’altra
cosa. Non è questo in armonia con le Scritture? Se questi aiuti e tentativi non
correggono e il peccatore continua a trasgredire importanti norme bibliche
allora si dovrà istituire questo CG, il ché non significa disassociazione
sicura, si cercherà ancora di indurlo al pentimento ma stavolta la facoltà di
espellere potrebbe far tornare in sé il trasgressore, e se anche il CG non ci
riesce allora si può davvero parlare di uno che non mostra più alcun rispetto
per i principi biblici e l’espulsione diventa l’extrema ratio sia per farlo rinsavire che per proteggere la
congregazione. Così quando avviene un’espulsione possiamo essere persuasi che
si tratta davvero di un “lievito” che va separato dalla massa. A questo punto,
come ci si deve comportare con i disassociati? E se è un parente stretto?
Ora come li dobbiamo trattare?
Negli
ultimi anni nelle pubblicazioni si è calcato un po’ la mano sull’importanza di
tagliare i ponti con i parenti disassociati. Mi sono chiesto perché questa
insistenza e la mia mente va al punto 2 del primo paragrafo di questo post. Si
vede il pericolo di perdere la nostra identità come popolo? Ma cosa dicono realmente le Scritture al riguardo?
Innanzi
tutto, dopo l’esposizione precedente, ora abbiamo degli espulsi che sono
davvero dei malvagi, persone sprofondate nel peccato che non si possono
accettare in congregazione e la cui influenza non può che essere contaminante.
A questo punto è giusto fare esattamente ciò che dice Paolo “cessare di
mischiarci in loro compagnia e non consumare nemmeno un pasto con tale persona”.
La consumazione di un pasto assieme è un momento di condivisione, di amicizia, di
comunione. Si spera che il “freddo” della separazione dalla fratellanza faccia
tornare in sé il peccatore, come avvenne al figlio prodigo della parabola.
Naturalmente questo non significa che non vada degnato nemmeno di un saluto di
cortesia se incontrato casualmente. Le parole di II Giovanni 9-11 si applicano
solo a chi attivamente va dai fratelli per sovvertire la loro fede in Cristo,
questi sono talmente estranei al nostro spirito che anche un semplice saluto
comporterebbe un partecipare alle loro opere malvagie. Non c’è alcun motivo per
“estendere” questa direttiva a tutti, è anzi un andare oltre ciò che è scritto.
A questo riguardo mi trovo molto più in
linea quello che dicevano le pubblicazioni degli anni ’70
*** km 12/74 p.
4 Risposta a domande ***
Come
indica La Torre di Guardia del
15 gennaio 1975, al paragrafo 22 dell’articolo “La misericordia
divina indica la via del ritorno a quelli che hanno sbagliato”, il cristiano può
salutare un disassociato che non è fra quelli descritti in II Giovanni
9-11, ma non andrebbe certo oltre una parola di saluto. La Torre di Guardia del 15 gennaio 1975, al paragrafo 24
dell’articolo “Manteniamo una veduta equilibrata verso i disassociati”,
suggeriva che se non si tratta di parentele carnali, è meglio lasciare che
siano gli anziani a fare ulteriori conversazioni o rivolgere esortazioni.
Prima
di parlare dei parenti però, vorrei rimanere sui disassociati che non sono
parenti stretti. Anche qui la standardizzazione dei comportamenti e il percorso
richiesto per la riassociazione può generare cose poco cristiane. Che dire se
il trasgressore smette la sua condotta peccaminosa e chiede di essere
riassociato? Le procedure attuali richiedono che frequenti le adunanze per
molti mesi o un anno durante il quale si continua il “trattamento” di 1 Corinti
5:11-13. Ma lì Paolo dice di cessare di mischiarci con chi è fornicatore, avido,
idolatra ecc. Se il peccatore, come ho detto, ha smesso e vuole, mogio mogio,
rientrare, è proprio necessaria la gogna di venire in Sala senza essere
minimamente considerato per molti mesi? Non vedo cosa impedisce di riassociarlo
se non è più
fornicatore, avido, idolatra ecc.. Naturalmente ci vorrà del tempo per riacquistare
privilegi vari a partire dai semplici commenti, ci vorrà forse un affiancamento
da parte di qualche fratello o sorella matura in base a quanto tempo è rimasto
fuori, ma una disposizione in tal senso credo farebbe rientrare molti espulsi.
Dopotutto quando torna il figlio prodigo non viene tenuto in una cuccia del
cane fuori casa per dei mesi prima di farlo rientrare in casa, anzi il padre
gli fa una festa! E questa cosa lascia molto indispettito il fratello che non
ha mai avuto Comitati Giudiziari, ma guarda un po’! Mi piacerebbe che ogni caso
venisse trattato a sé o almeno si rendessero più scritturali i requisiti minimi
per essere riassociato. Ho citato le parole di Paolo e la parabola di Gesù del figlio
prodigo. Perché rendere ancora più stretta la porta? Ci fa essere davvero
migliori e più puri se teniamo quelli che sono caduti più alla larga di quanto
dicono le Scritture?
Ora
lo spinoso capitolo dei parenti stretti. Il fratello Morris ha sottolineato
come in 1 Corinti 5:11 Paolo dice di non mischiarci con qualcuno (“chiunque”)
chiamato fratello che sia disassociato. Ha aggiunto che Paolo non ha fatto
eccezioni tipo “a meno che siano parenti”. E’ vero.
Ma
se dobbiamo dare un senso così assoluto al “chiunque” dobbiamo metterci dentro
anche i parenti che vivono nella stessa casa, Paolo non dice neppure “eccetto
ovviamente quelli che vivono in casa”. Allora come la mettiamo? Quando ci si
irrigidisce troppo su un solo versetto, una sola parola, vengono fuori delle
storture anti cristiane. Evidentemente l’istruzione paolina va armonizzata comunque
con altre scritture e principi a partire dall’educazione! Anche perché, mi
ripeto, non si possono omologare tutte le situazioni e far sentire “sleali a
Geova” chi ha dei contatti con dei parenti disassociati. Rimango anche io
convinto che la disassociazione come la presento in questo post, deve
sicuramente generare anche un cambio nei rapporti con i famigliari, ma lascerei
la gestione di questa situazione alla coscienza individuale richiedendo almeno
di tener conto della coscienza della congregazione (bisogna anche vedere che cosa
è successo, se persone nella congregazione sono state danneggiate dal parente
espulso e una marea di fattori che gli anziani potrebbero considerare). Gli
anziani dovrebbero intervenire quando il testimone attivo giustifica o scusa la
condotta peccaminosa del parente, su questo non si può transigere, ma è fuori
luogo ficcare il naso nei rapporti privati e non ostentati verso parenti
stretti disassociati. Hai voglia poi a raccontare le esperienze di quelli che
ringraziano per non aver ricevuto nemmeno una telefonata per anni e grazie a
questo sono tornati..le persone non sono tutte uguali! Come i padri sanno bene,
non a tutti i figli si può dare lo stesso tipo di disciplina per ottenere lo
stesso risultato. Chissà quante esperienze ci sarebbero in senso contrario ma
quelle non vanno sulle pubblicazioni.
Che tristezza però se questi parenti tornano per riavere il calore dei
loro famigliari! Il figlio prodigo “torna in sé” quando, dopo aver dato sfogo a
tutti i suoi istinti, si trova a desiderare di mangiare il pastone dei porci.
La presa di coscienza del suo infimo stato provoca in lui un vero pentimento, e
comincia a disprezzare la sua scelta. Non è perché i famigliari lo evitano che
è spinto a tornare. Di nuovo, che dire se il parente disassociato ha cessato la
condotta peccaminosa ma non riprende a frequentare le “adunanze gogna”? I
parenti fratelli dovrebbero continuare a trattarlo come quando praticava il
peccato? Possibile che non si consideri tutta una serie di differenze nei vari
casi e si omologhi tutti alla stessa stregua? Qui non si tratta di non volere
accettare un intendimento su cosa sia successo in cielo nel 1914 o nel 1919,
qui si tratta di procedure che fanno stare male la nostra coscienza per come
comprendiamo le Scritture, per quello che le Scritture realmente dicono. La conseguenza è che se uno si imbatte, suo
malgrado, in situazioni come queste o deve osservare quello che dice una procedura
dettata dall’organizzazione, ma sentire di distanziarsi dallo spirito delle
Scritture, o seguire la propria coscienza illuminata dalla Parola e
disattendere la procedura del momento.
O.O.
________________
Risposte a domande specifiche:
1)A 007mission impossible12 gennaio 2014 08:15
Il peccato era già in piazza. Quell'uomo si era messo con la matrigna ed era illegale anche se lei fosse stata vedova (come probabilmente era). Non era una scappatella ma una condizione stabile e notoria (alcune Bibbie traducono il v.1 "dappertutto si ode che fra voi c'è.."). La cosa peggiore è che la congregazione non solo lo tollerava ma se ne vantava pure (v.2 "e voi siete gonfi invece di fare cordoglio?"). La situazione era tale che andava fatta una riprensione pubblica sia per il peccatore ma anche per la congregazione stessa.
2)A Anonimo12 gennaio 2014 22:00
Perché facendo così si imita i farisei i quali, pensando di fare un servizio alla purezza, avevano aggiunto fardelli che le Scritture non contenevano e invece di produrre maggiore purezza producevano ipocrisia. Lo stesso dicasi dei Soferim (gli scribi) i quali dovendo copiare le Scritture pensarono bene di correggere lo spirito santo e sostituirono il nome di Geova con Signore laddove secondo loro il testo (ispirato!) era irrispettoso (??). Invece di farci prendere da inutili patemi e fasciarci la testa prima di romperla sarebbe molto meglio confidare in Geova e dedicare il tempo risparmiato dai CG in attività pastorale di prevenzione.
3)A Anonimo13 gennaio 2014 09:06
Ho scritto omicidio, non omicidio volontario. Comunque in caso di omicidio volontario il trasgressore è già in galera e non può mica presentarsi al comitato giudiziario:-). Ma considera questo caso: entri in casa e cogli un uomo che sta cercando di violentare tua moglie o tua figlia. . Tu gli salti addosso e riesci a sventare la violenza, ma preso da comprensibile rabbia vedi lì vicino una mazza da baseball e con un colpo gli sfondi la testa. È omicidio volontario e saresti processato per questo reato. Ma le situazioni possono essere tante. Un caso di omicidio volontario come ad esempio quello di Whitney citato da Morris, andrebbe trattato come straordinario con procedura ad hoc, lo dico nel post.
O.O.
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Risposte a domande specifiche:
1)A 007mission impossible12 gennaio 2014 08:15
Il peccato era già in piazza. Quell'uomo si era messo con la matrigna ed era illegale anche se lei fosse stata vedova (come probabilmente era). Non era una scappatella ma una condizione stabile e notoria (alcune Bibbie traducono il v.1 "dappertutto si ode che fra voi c'è.."). La cosa peggiore è che la congregazione non solo lo tollerava ma se ne vantava pure (v.2 "e voi siete gonfi invece di fare cordoglio?"). La situazione era tale che andava fatta una riprensione pubblica sia per il peccatore ma anche per la congregazione stessa.
2)A Anonimo12 gennaio 2014 22:00
Perché facendo così si imita i farisei i quali, pensando di fare un servizio alla purezza, avevano aggiunto fardelli che le Scritture non contenevano e invece di produrre maggiore purezza producevano ipocrisia. Lo stesso dicasi dei Soferim (gli scribi) i quali dovendo copiare le Scritture pensarono bene di correggere lo spirito santo e sostituirono il nome di Geova con Signore laddove secondo loro il testo (ispirato!) era irrispettoso (??). Invece di farci prendere da inutili patemi e fasciarci la testa prima di romperla sarebbe molto meglio confidare in Geova e dedicare il tempo risparmiato dai CG in attività pastorale di prevenzione.
3)A Anonimo13 gennaio 2014 09:06
Ho scritto omicidio, non omicidio volontario. Comunque in caso di omicidio volontario il trasgressore è già in galera e non può mica presentarsi al comitato giudiziario:-). Ma considera questo caso: entri in casa e cogli un uomo che sta cercando di violentare tua moglie o tua figlia. . Tu gli salti addosso e riesci a sventare la violenza, ma preso da comprensibile rabbia vedi lì vicino una mazza da baseball e con un colpo gli sfondi la testa. È omicidio volontario e saresti processato per questo reato. Ma le situazioni possono essere tante. Un caso di omicidio volontario come ad esempio quello di Whitney citato da Morris, andrebbe trattato come straordinario con procedura ad hoc, lo dico nel post.